Questo il clima che si è respirato durante l'incontro-confronto tra università e autorità del territorio sul tema
"Significato e ruolo di scuola, università e ricerca per lo sviluppo economico e culturale della Tuscia", tenutosi nella mattinata di ieri alla facoltà di Lingue.
A parte un momento di "tensione" fra alcuni studenti e il loro rappresentante in consiglio d'amministrazione, Alessandro Telli, gli animi erano abbastanza spenti, contrariamente a quanto si sperava, considerata "l'aria che tira" in queste settimane negli atenei e piazze di tutta Italia, dove migliaia di studenti si sono mobilitati per opporsi alla legge Gelmini e formulare un piano nazionale di autoriforma universitaria.
Si è discusso, invece, diplomaticamente e tranquillamente, alla Tuscia sul ruolo dell'ateneo nella realtà viterbese.
"L'università deve aver cura del territorio che la ospita - spiega il rappresentante degli studenti di Lingue Marco Vaccari - e deve cooperare con le aziende e gli enti locali, affinché diventi un officina della società, promotrice di cultura ma anche di consapevolezza e responsabilità sociale.Studenti, docenti e personale tecnico amministrativo, fortemente preoccupati per il loro futuro, chiedono quindi un intervento diretto e un impegno attivo delle aziende territoriali nel mondo universitario, convinti di quanto sia fondamentale la partecipazione dell'università nella vita socio-economica e produttiva della cittadinanza.
Solo un'università libera e autonoma può svolgere il proprio ruolo all'interno di una società futura abbastanza incerta e priva di opportunità."
Il mondo accademico della Tuscia, quindi, è ritenuto un pilastro fondamentale del sistema territoriale viterbese, a livello nazionale ed europeo.
"Nella storia del nostro Ateneo ci sono state scelte politiche importanti e lungimiranti - sostiene deciso il presidente Alessandro Mazzoli, seriamente vicino al problema università - che hanno contribuito ad un cambiamento socio- territoriale.
Sin dagli inizi si è pensato al nostro Ateneo come una realtà libera e pubblica, ma soprattutto scelta in connessione con l'economia locale.
Una realtà che potesse interagire con il patrimonio culturale, ambientale e agricolo della nostra città.
C'è la necessità di guardare all'innovazione e allo sviluppo.
Una radicale trasformazione è già avvenuta nel '90 quando Viterbo ha aperto le porte non solo ai militari ma anche agli studenti di tutta Italia, nonostante ciò, però, non possaimo considerare il capoluogop della Tuscia, ancora, una città universitaria.
C'è bisogno di una maggiore politica di integrazione e cooperazione tra le istituzioni accademiche e i comparti socio-economici del nostro territorio, che ha ancora tanto da offrire al futuro di molti"
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